martedì 23 ottobre 2012

Fuori sede


Le quattro e diciotto del mattino. Dormo, o meglio cerco di dormire. Dormivo. Forse ci sono riuscito per cinque minuti, la luce della luna che filtra dalle finestre non è cambiata dall'ultima volta che ho aperto gli occhi. Illumina ancora quel poster di Shark 3D appeso alla parete. Ma come cazzo si fa ad appendere un poster di Shark 3D in camera? Domande, sempre domande nella vita, risposte poche. C'è Mike Bongiorno che mi chiede: «Signor Zini, qual è l'ingrediente principale del tabuleh? Ha trenta secondi, e secondo me zero speranze. Si ricordi che in palio ci sono duecentodieci milioni, e quella biondina di scienze politiche».
«Scusi, signor Mike, quella che è sempre in biblioteca con quel tizio sfigatissimo che ha sempre la maglietta con scritto FIAT?»
«Signor Zini, per favore si concentri, il tempo passa»
Click, clock, click, clock, un ticchettio insopportabile. Ma che minchia è il tabuleh?
«Voglio l'aiuto da casa», dico, aggrappandomi ai quiz moderni.
«Signor Zini, siamo a Superflash e Gerry Scotti ha ventisei anni. Non dica idiozie, per favore»
Click. Clock.
Poi mi ricordo che negli anni ottanta i trucchi ai quiz erano più infantili di oggi, mi guardo intorno, bingo! Un bigliettino. C'è scritto Burghul, dev'essere il nome di un gruppo metal scandinavo. Boh, io ci provo. Click clock click. Grido «Buurghuuulll!»
Mi arriva un cuscino in faccia. «Ma cristo Zini ma sei scemo? Domani ho pure un esame cazzo, ma perché non vai a dormire nella vasca da bagno!»
E questo chi cazzo è? Mi riprendo, l'orologio da parete dell'ikea continua con il suo insopportabile click clock click. Le lenzuola e le coperte sono cadute dal mio orribile letto microscopico. Il lanciatore di cuscini non è Mike, è Agostino, il mio compagno di stanza. Mi manda a farmi fottere ancora un paio di volte, bestemmia e si gira dall'altra parte per dormire. Non è colpa mia se l'unica stanza libera quando sono arrivato era una doppia. Non sono un concorrente di quiz milionari, sono solo uno studente. Anzi, uno studente

FUORI SEDE

Siamo in quattro, in casa. Quando mi sveglio sono usciti tutti tranne Tiziana, la incontro in cucina. È in piedi con in mano una tazza di caffè, indossa un pigiama con disegnate delle foche. Seduta al tavolo davanti a un computer portatile c'è una sua amica. Tiziana mi chiede se voglio del caffè, l'amica non si volta nemmeno per presentarsi, sembra infastidita dal mio arrivo, come se le avessi tolto l'attenzione del pubblico. «Pam, chiedilo a lui, che ci capisce di computer», dice. Ecco, ci siamo. Mi preparo psicologicamente. Pam mi guarda come se fossi un alieno. Forse perché indosso solo dei boxer e una maglietta con scritto “Fanculo a tutti”, macchiata di pomodoro. Complessivamente non devo avere un bell'aspetto. Vabbè, cazzi suoi, penso.
«Ecco, c'era questo appello su facebook. Tu sarai uno di quelli a cui di queste cose non gliene frega niente, penso. Bè, comunque non ti sto chiedendo di essere d'accordo con me, ti dimostro che è vero. Leggi, và»
Simpatica come una gastroscopia. Leggo, và.

Pam Pimpa ha condiviso un link
AIUTATECI A SALVARE JULIAN!
Julian è un bambino di soli due anni del Nebraska. È nato con una malformazione congenita, infatti ha il pene al posto del pollice della mano sinistra e il pollice in mezzo alle gambe. Questo crea delle conseguenze a livello interno perché ogni volta che si succhia il dito si piscia in bocca. L'associazione per la lotta contro le malattie genetiche offre un centesimo di euro per ogni condivisione di questo messaggio. Non essere indifferente, fai in modo che Julian torni a sorridere. Servono dodici milioni di condivisioni per raggiungere i fondi necessari per l'operazione! Invia questo messaggio a tutti quelli che conosci. Certe persone cercano di impedirci di salvarlo usando ogni mezzo, tu combatti insieme a noi per il piccolo Julian!

«È una cosa commovente», commento. «Ma il problema qual è?»
Pam, lentamente, fa scorrere la sua pagina di facebook verso l'alto. Il suo post successivo è:

Pam Pimpa
Sono una troia succhiacazzi e mi piacciono spalmati con la maionese.

Dio mio. Mi guarda furibonda. Dice «Vedi? Lo hanno pure scritto sull'appello che certe persone stanno facendo di tutto per impedirci di salvare Julian. Questo insulto è un atto di terrorismo psicologico, sono entrati nel mio computer magari dall'America. Tu non lo sai, ma queste campagne sono importanti a livello internazionale»
E come no. Chiedo «ma perché non lo cancelli?»
Lei mi dice «La gente deve sapere»
Mi viene un dubbio, cerco di chiarire. «Deve sapere che stanno complottando contro di voi o che ti piace la maion...» Interviene Tiziana.
«Alex!»
Bene, mi sono divertito abbastanza. Domando se vive da sola. No, ha quattro coinquilini. Le chiedo se ha un gatto e come si chiama.
«Si chiama Justin, ma che c'entra?»
«E Justin è anche la tua password del computer, giusto?» Tiro un po' a indovinare ma Pam è un tale concentrato di prevedibilità e mancanza di ragionamento che sono fortunato.
«Sì, come fai a sap...»
La interrompo. «Forse, ma dico forse, a qualcuno che abita con te non sei molto simpatica. Perché non provi a cambiare la password? Magari la parola maionese seguita dal numero di caz...» Tiziana mi spinge fuori dalla cucina e mi ritiro in camera soddisfatto.

Due giorni dopo incontro Tiziana in università. Cammina da sola accarezzando rami e fiori di magnolie che invadono il porticato del cortile. Mi vede e sorride.
«Simpatica la tua amica», le dico.
«Alex, ci ho scopato, mica me la sposo. Comunque hai ragione è insopportabile. Infatti l'ho accannata subito. Ah, senti mi devi aiutare con Giovanni, non ce la faccio più»
«Ci prova ancora?»
«Ma non ne hai idea! Mi sta addosso in continuazione. E non si rende conto proprio. Sarà abituato ad averle tutte, è pure un bel pischello, ci sa fare, ok, ma a me il cazzo proprio non piace. Non so come farglielo capire»
Giovanni è il quarto coinquilino, quello dell'altra stanza singola oltre a quella di Tiziana. Gode della mia ammirazione totale perché ha superato la tragedia del povero Oreste. Per capire cos'è la tragedia del povero Oreste bisogna sapere che il nostro padrone di casa è un vero stronzo, un individuo ripugnante a cui la sorte ha dato in dote due case di proprietà al centro di Milano che lui affitta a poveri studenti fuori sede, vivendo come un parassita da una zia novantenne completamente rincoglionita che lui, per non farsi mancare niente, alleggerisce anche di mezza pensione facendo impressionanti creste sulla spesa.
A giugno se ne era andato dall'appartamento Mirko, un ingegnere di Benevento che aveva trovato lavoro in Francia. Subito era scattata la lotta tra me e Agostino per accaparrarsi la stanza singola.
«Io sono arrivato qui prima»
«Io ho comperato l'armadio pagandolo praticamente da solo»
«Cazzo vuol dire, io ho fatto riparare il televisore gratis che se era per voi l'avevamo già cambiato, e allora?»
A quel punto era intervenuta Tiziana. «Regà, e basta, decido io. Ve la giocate a birra e salsiccia, come in quel film con Bud Spencer e Terence Hill»
Tutti e due eravamo d'accordo. Avevamo programmato un evento con i fiocchi, previsto per la notte del solstizio d'estate. Gli amici della Gufa Productions avrebbero ripreso tutto con le telecamere e avrebbero in seguito realizzato un documentario sull'avvenimento. Agostino aveva insistito perché venisse invitato anche un mangiafuoco, io avevo autorizzato tutto tranne l'incantatore di serpenti. Mi fanno passare l'appetito, i serpenti.
Insomma, il giorno prima si era presentato il padrone di casa dicendo che la singola la avrebbe affittata lui a una persona di fiducia, anzi, aveva detto proprio così, «Ho numerosi candidati, gente seria, educata. Cercate di dare una pulita, evitate almeno di presentarvi subito per quelli che siete».
Era una dichiarazione di guerra. A quel punto l'unica arma a nostra disposizione per mettere in fuga i suoi candidati seri ed educati era

Il povero Oreste” - tragedia in due atti

Alex Zini è Alex.
Agostino De Nardi è Ago.
Tiziana Micheli è Tiziana.
Il candidato inquilino è Righetti il candidato. (a ogni rappresentazione il candidato cambia)

Atto primo.

Drin. Suona il campanello.
(Ago apre la porta, entra il candidato)
«Piacere, Agostino»
«Righetti»
«Venga, si accomodi. Vuole un caffè?»
Candidato (sedendosi al tavolo in cucina) «Gradisco molto, grazie. Fa un caldo!»
Ago «Eh sì. Dicono che sarà l'estate più calda degli ultimi anni»
Da una stanza vicina si sente suonare della musica. (Va bene qualsiasi cosa purché di un gruppo il cui cantante si sia suicidato)
Ago «ah» (sospira) «Venga, le mostro la casa»
Candidato «Grazie»
Giungono in bagno.
Ago «Questo è il bagno»
Candidato «Bello, spazioso. Ma il signor (omissis – il cognome del padrone di casa) disse che ci sono altri inquilini»
Ago «Sì, come ha visto però non sono in bagno»
(Tornano in cucina, dove arriva Alex)
Ago «Ciao Alex, lui è il candidato Righetti»
Alex (Si stringono la mano) «Lieto di conoscerla. Ago, mi versi un caffè?».
Candidato «Righetti»
Ago «Zucchero?»
Alex «Grazie, m'impingua. Stasera ho un ballo»

Atto secondo

Ago «Ma quindi bando alle ciancie, mostriamo al candidato la sua nuova stanza, la stanza del povero Oreste»
Candidato «Il povero Oreste?»
Alex «Già. Povero Oreste!»
(Raggiungono la stanza)
Ago «Terribile. Che disgrazia»
Alex (indicando un angolo della stanza) «Proprio là!»
Ago «Già, proprio là»
Candidato «Dove?»
Alex «Là»
(Osservano in silenzio per qualche secondo l'angolo indicato da Alex)
Alex «Ago, non noti anche tu una certa somiglianza tra il candidato Righetti e il povero Oreste?»
Ago «Non volevo dirlo, ma è impressionante»
Candidato «Non direte sul serio, spero»
(Arriva Tiziana, di colpo impallidisce fissando il candidato)
Ago (la guarda, poi indica il candidato Righetti) «Gli assomiglia, vero?»
Tiziana «Aaaaahhhh» (strilla, e scappa. Torna con una foto, piangendo)
«Era lui, lo guardi»
Il candidato Righetti nota qualche somiglianza con la foto (scelta da Tiziana, dopo averlo visto, tra un mucchio di un centinaio di ritratti precedentemente incorniciati, rappresentanti la più vasta varietà di fenotipi possibili, compreso un maori e una foto di Pippo Baudo da giovane).
«Curiosa somiglianza devo ammettere»
Ago «Povero Oreste»
Candidato (ora visibilmente preoccupato)«Ma cosa gli accadde?»
Alex «Una disgrazia»
Tiziana, singhiozzando «Pro- proprio là»
Ago «Sì, proprio là»
Alex (si avvicina con un maglione di lana odoroso di naftalina) «Candidato Righetti, le andrebbe di provare a indossarlo? Era il suo»
Ago «Sì, era il suo preferito»
Alex «Avanti, lo provi»
Il candidato Righetti scappa dalla casa correndo.
Festeggiamenti finali.

La tragedia del povero Oreste aveva funzionato alla perfezione con i primi sette candidati, poi era arrivato Giovanni che non era scappato. Aveva indossato il maglione ridendo e aveva detto «Aò regà, siete dei gran paraculi. Posso tenerlo, il maglione? Tanto al povero Oreste non gli serve più, no?»
Addio gara di birra e salsiccia.

Osservo Tiziana, graziosa nonostante i suoi tentativi di castigare la femminilità in abiti da ragazzo. Vorrei guadagnare tempo, distrarla dall'idea di liberarsi di Giovanni, sono convinto che le passerà. E che in fondo si diverte, anche se non lo vuole ammettere.
A un tratto arriva la biondina, quella del quiz di Mike Bongiorno. È impegnata a discutere con il solito tizio con la maglietta FIAT. Lui si volta e corre verso Tiziana salutandola con affetto. Non sapevo si conoscessero.
«E lei è Flaminia, mia sorella»
Sua sorella. Cazzo! Non ci avevo pensato.
E io resto lì a guardare, non del tutto consapevole di aver capito bene se in questo mondo a volte le impressioni sbagliate sono tali solo quando poi la realtà è anche peggiore della fantasia oppure, come sembra questa volta, no. E lei saluta Tiziana quasi per forza e poi è lì davanti a me che mi parla e gesticola e mi racconta cose mentre Tiziana e il fratello hanno già finito di comunicare da tempo e lui sposta il peso da un piede all'altro ma lei, la biondina, non se ne va, no. Resta lì e mi dice che sono quello che suona nei Radical Sick e che le piacerebbe venire a sentire le prove almeno una volta e questo è il suo numero di telefono, ci terrebbe tantissimo, oppure anche solo una sera a bere qualcosa. Li salutiamo. Mi viene un dubbio.
«Tiziana, tu che sai sempre tutto»
«Eh»
«Con cosa si prepara il tabuleh?»
«Con il burghul»
Lo sapevo. Ho vinto, adesso mi mancano solo i duecentodieci milioni. Ma non è che Mike me li vorrà dare in lire? 

martedì 16 ottobre 2012

Tiro libero


Dicono che è tutta questione di concentrazione.
Dicono che devi tenere un po' il culo all'infuori, e fare una C con l'avambraccio, il braccio e il polso. «Devi imparare a spezzare il polso, o non sarai mai un giocatore», diceva sempre il coach, non me lo sono dimenticato. Poi è una questione di spinta sulle gambe. E Il tempo, quello corre piuttosto veloce. Non è che puoi restare lì all'infinito a concentrarti, perchè lei lentamente brucia. Lui è lì, immobile a terra, con i suoi otto occhi allungati a file di due. Lo guardo, con una certa apprensione: ho scommesso ormai, quell'esame per cui sto studiando da un mese si deciderà qui. Patrizia continua a parlare e vorrei starla a sentire, non è male Patrizia, è carina e dice cose sensate, ma stasera io sono quello che ha il tiro libero da cui dipende la finale dell'NBA, sono da solo contro gli errori di traiettoria, sono potenzialmente un vincitore o un perdente e tutto è legato a un solo tiro.
Canestro, sigaretta nel tombino e domani passerò l'esame, altrimenti sono spacciato, il professore mi chiederà sicuramente le società. E io la parte sulle società non l'ho neanche letta. Testa di cazzo, potevo studiarla, ma se non rischio non sono contento.
La sigaretta continua a consumarsi, ormai ho le dita che scottano. Tra me e il tombino dagli otto occhi ci sono due metri, poco meno forse. Sto per tirare, prima di ustionarmi indice e medio. Patrizia dice che ha visto Antichrist di Lars Von Trier, poi mi racconta di un documentario sui pescatori Islandesi. In effetti parla troppo. Le dico «Scusa Patrì, due minuti». Se ne va leggermente offesa. Mi concentro di nuovo, ci siamo.
Le altre persone fuori dal pub fanno finta di niente ma io so che loro sanno. Alcuni domani saranno lì in aula a tremare con me, accomunati dai nostri livelli di preparazione parziali, credo che molti di loro stiano facendo finta di parlare per non far vedere che, in fondo, fanno il tifo. Tranne quello stronzo di Marco Forni, si intende, lui gli esami vorrebbe essere l'unico a passarli.
Mi abbasso, culo in fuori, arco a C con il braccio, mi do una leggera spinta, la sigaretta sta per staccarsi dalle mie dita per compiere l'arco rivelatore. Il tempo rallenta. Il pubblico in piedi, tutti trattengono il respiro. Il polso si spezza. Sbam! Il busto barcolla. Questo non era previsto. Non ci credo, una cazzo di pacca sulla spalla, proprio adesso? La sigaretta compie un arco improbabile e finisce a mezzo metro dal tombino. Il tempo riprende a girare, il pubblico si copre la faccia con le mani. Le urla di gioia muoiono in gola, non esploderanno mai. Ma chi cazzo è? Chi ha deciso di sacrificare proprio oggi la sua inutile esistenza in nome di una pacca su una spalla?
«Bella Francè! Anvedi oh so tre settimane che nun te fai vedè»
Federico, porcozzio. Mentalmente faccio un elenco degli strumenti più disumani visti al museo delle torture di San Gimignano. «Mortacci tua!», quasi grido. Non se ne cura. «Allora hai finito de studià? Peccato che hai l'esame, stasera ce sta una festa Erasmus da paura, al pigneto». Ho capito, per questa volta lo perdonerò.
«A Federì, mi sa che a sto giro l'esame non lo do. S'annamo a beve 'na sciocchezza?»