domenica 30 settembre 2012

Racconti in concorso


Questa volta non metto un nuovo racconto ma ne approfitto per fare un po' di pubblicità:
stiamo organizzando in collaborazione con i ragazzi dell'Osteria letteraria Sottovento di Pavia una gara per racconti, a tema "Al posto sbagliato nel momento sbagliato"
Chiunque volesse partecipare può trovare tutte le informazioni QUI

mercoledì 12 settembre 2012

Le cose migliori


«Dai Federico vieni stasera, è un'amica di Paola, è appena tornata a Milano, faceva marketing a Barcellona»
«Ma è figa?»
«Ma che ne so, Fede, io mica l'ho vista ancora, ma poi dai è sempre una persona in più che conosci, dai fammi sto piacere, non voglio fare serata a tre con lei e una sua amica, che palle!»
«Appunto, no». Paola mi è simpatica come un carciofo nel culo e Leonardo lo sa.
«Dai però devi ammettere che le amiche di Paola sono quasi tutte fighe»
«Il sessantacinque per cento sono trombabili»
«Ottantacinque»
«Eh, esagera!»
«Novantacinque»
«No, esagera voleva dire che avevi già esagerato»
«Ah, ok. Ottanta per cento sì, però»
«Dai, perchè sei tu»
«Vieni?»
«Sì»
«Grande! Non te ne pentirai»

E ora eccomi qui, in piedi davanti al bancone del locale, con il sospetto di essere già pentito.
Leo dice «c'è traffico, sai com'è, il sabato sera»
Paola cerca di gestire la situazione «Al limite tra cinque minuti la chiamo»
Poi lei arriva, e quasi mi viene un infarto: è sicuramente la ragazza più bella che io abbia mai visto. Questa frase la dico un paio di volte al giorno, quindi non sarà proprio vero neanche in questo caso, ma è fuori di dubbio una figa allucinante. Leonardo è il mio nuovo idolo e Paola inizia quasi a starmi simpatica. La nuova arrivata si chiama Giulia. Chiede «Ma perchè non vi unite al nostro tavolo?» In che senso al nostro tavolo? Paola dice «Non so, stiamo aspettando una ragazza». Giulia mi chiede «La tua ragazza?»
Ecco, lo sapevo: questa non c'entra niente.
«No, non la conosco neanche» rispondo, forse un po' troppo in fretta.
Leonardo interviene «Ma sì sediamoci con loro, che problema c'è? Fede, ti va?»
«Sì sì», rispondo io, nella speranza che la situazione prenda ugualmente una piega positiva.
Poi arriva il ragazzo di Giulia, Filippo. Un individuo spregevole, biondo, elegante, abbronzato, profumato, con una camicia firmata. In pratica un mostro. Esordisce baciando Giulia sulla bocca e dicendo «Figa, in questa città non si sa più dove mettere la macchina» e fischia per chiamare la cameriera. Poi inizia un monologo sulla imperdibile rassegna su Fassbinder che ha seguito allo spazio Oberdan, più che altro parla di chi c'era. Insiste su un pittore d'avanguardia, un suo amico, sostiene. Continua a ripetere 'l'artista'.
Finalmente arriva lei, stavolta è proprio lei. Tanto lo sapevo che era brutta. Meglio così, se fosse stata bella o media mi sarei avvitato per tutta la sera nell'indecisione. Ci provo e mi espongo a un potenziale due di picche oppure non ci provo e quella magari ci rimane pure male. In questo caso la figliola è talmente cessa che mi sento immediatamente più rilassato, berrò un paio di birre e poi me ne andrò a casa senza lasciare traccia. E se ci rimane male perchè non ci provo, sticazzi. Spero di risparmiarmi anche la presenza sempre fastidiosa e inopportuna di Mister Flinn. Mister Flinn è un folletto vestito da lord inglese che si materializza nei bagni dei locali ogniqualvolta le cose non vanno come dovrebbero. Se c'è un lampadario di solito si fa trovare seduto là sopra a guardarmi dall'alto in basso, scuotendo la testa in segno di disapprovazione e lanciando frecciatine nei miei confronti.
«Sei noioso come l'elenco del telefono» mi ha detto l'ultima volta che stavo parlando con una ragazza in un locale. «Vedrai che quando uscirai di qui sarà sparita senza salutarti»
«Non mi rompere, mister Flinn, quella è presa bene. Ha accavallato le gambe inclinando la punta del piede verso terra. Ho letto su rimorchiaunacifra.it che è un segno inequivocabile, è mia».
Poi sono uscito dal bagno e quella se ne era andata sul serio, maledetto mister Flinn, spero proprio di non vederlo per un po'.
Invece vado alla toilette e il bastardo è lì che mi aspetta, comodamente sdraiato sul porta asciugamani. «Le piaci», sentenzia. «Al toporagno, non all'altra».
«No eh, non cominciamo per favore», rispondo.
«Guarda che io non sbaglio mai. Ti ricordi quella volta in cui le gemelle di Brescia, quelle ciccione, ti hanno invitato a casa loro per mangiare un panino dopo la discoteca?»
«Sì, quelle che poi sono arrivate nude in cucina! Volevano fare una cosa a quattro con me e un loro amico vestito da pupazzo Gnappo, me lo rinfacci ogni volta»
«Intanto te lo avevo detto, e tu: 'ma va, vado solo a mangiare un panino'. Vedrai, adesso torni al tavolo e poi mi dirai se non ho ragione. Come quella volta...»
«Vaffanculo mister Flinn», taglio corto e torno in sala, molto preoccupato. Quello ci azzecca davvero.
L'amica di Paola si chiama Roberta. Si è seduta di fianco a me. C'era anche un'altra sedia vuota dall'altra parte del tavolo, vicino a Giulia. Se io fossi entrato nel locale per ultimo mi sarei seduto vicino a Giulia, non vicino a me, è evidente che la scelta non è per nulla casuale. Per colpa di mister Flinn sono corroso dal sospetto. E sono sicuro che Paola, quell'arpia, appena mi volto le fa dei gesti con il mento come per dire «Dai dai parlagli». Cerco di essere totalmente indesiderabile. La prima strategia che utilizzo è quella di attaccare il discorso più palloso che mi viene in mente. Ci penso cinque secondi poi inizio a parlare dei mutui a tasso variabile, dei quali tra l'altro non so un cazzo e sparo sentenze con aria saccente. Navigo a vele spiegate verso una figura da idiota, e lo faccio con soddisfazione.
Poi arriva un'altra coppia, amici di Filippo. Paola li conosce, dice «Ma dai, che bello vedervi!». Dopo le presentazioni il ragazzo dice «Abbiamo deciso di sposarci, a Maggio». Paola interviene, per far vedere che lo sapeva già. «Sì, lei è Peruviana, sono tanto carini». Lo dice all'indirizzo mio e di Roberta, gli unici a essere all'oscuro della vicenda, a quanto pare. Il ragazzo continua «Pensate che io sono qui di Milano, e ci siamo conosciuti a Londra, a un corso di problem solving».
Roberta è affascinata, dice «Pensa, a volte le storie possono nascere nei modi più inaspettati, non è fantastico?». Lo dice guardando anche me. Si tocca i capelli, sono fottuto! Su rimorchiaunacifra.it non lasciano spazio a dubbi, se si tocca i capelli vuol dire che è cotta. Anche la coppia mi guarda in attesa di approvazione. Con aria molto seria annuisco lentamente, punto l'indice. «Sono le cose migliori», osservo.
Madonna, devo andarmene.
Appena Giulia si alza dicendo «esco a fumare» salto in piedi come una molla e le corro dietro, sperando che nessuno ci segua. Con lei voglio cercare di sembrare intelligente.
«E così è un appuntamento al buio», esordisce appena la raggiungo. In quel momento mi accorgo che Mister Flinn è seduto sulla sua spalla, sta fumando anche lui mi scruta e ridacchia. Il porco maledetto in due secondi le ha spifferato tutto, ha anche di questi poteri. Inizio a giustificarmi «Intanto tu potresti, ogni tanto, farti i cazzi tuoi, mister Flinn. E poi non è esattamente un appuntamento al buio, diciamo che è un favore a un amico, perchè poi Leo si trovava a disagio, e...». Passo al contrattacco. «...e senti un po', Giulia, con il fidanzato che ti ritrovi hai poco da fare la figa»
«Bah, è la seconda volta che ci esco. La prima volta ero ubriaca. Ce ne andiamo?»
«Va bene, però mister Flinn non ce lo voglio»
«No, viene anche lui, altrimenti poi tu ci provi»
«E?»
«E stasera non sono ubriaca»
«Per ora»
«Ok, per ora»

giovedì 6 settembre 2012

Senso unico


Siamo in ritardo.
Non si vede un cazzo, questa città sconosciuta e padana è un nemico infido, ci siamo persi, accostiamo.
«Mi scusi!»
Il tizio si avvicina. È alto, sulla quarantina, sembra sveglio. È la prima persona che riesco a vedere da diversi minuti, lungo le vie avvolte nella nebbia. Giorgio, al volante, mi guarda.
Valentina, dietro, si trucca.
Chiedo «Scusi, via Verdi..?»
Il tizio inizia a massaggiarsi le tempie. Si abbassa fino all'altezza del finestrino e guarda verso la nostra direzione di marcia.
«Allora» risponde, «alla terza a destra, poi non potete sbagliare»
Alt! Che vuol dire poi non potete sbagliare? Significa che prima possiamo sbagliare?
«La strada scende per trecento metri. Al semaforo girate a sinistra, poi quando vedete la panetteria, quella con l'insegna gialla, prendete ancora a sinistra. Poi...»
Fa una pausa. Mi sono già dimenticato tutto.
«A, ecco, sì» riprende il tipo.
«A quel punto seguite la via tenendo la destra, perchè poi arrivate dove c'è il distributore dell'Agip e lì dovete entrare nel controviale, perchè poi al secondo incrocio dovete fare inversione e dal viale principale non si può».
Mi sento male.
«Quindi alla prima girate a sinistra» Quest'ultima frase ha il tono tipico della chiusura del discorso, così mi pare e spero. Ha finito. Sta sorridendo. Evviva! Riprende a parlare.
«Poi chiedete»
Figlio di puttana! Mi ha illuso con quel sorriso accondiscendente e poi mi dice poi chiedete! Le unghie mi si piantano nella pelle del sedile. Sbavo. Ovviamente Giorgio riparte e nessuno dei due pensa a farsi rispiegare almeno quello che ci ha detto il tizio.
Valentina dal sedile posteriore chiede «Ma c'è da camminare? Perchè io ho i tacchi». Forse la ucciderò. Non le rispondiamo, Giorgio guida, io dico «Allora all'inizio ha detto alla terza a destra, mi ricordo». Giorgio annuisce.
Passiamo un incrocio. Poi c'è una rotonda. Cazzo.
«Ma la rotonda conta come seconda via?»
«Eh sì. Però aspetta, il tipo ha detto che poi non avremmo potuto sbagliare, quindi vuol dire che nella sua prima indicazione c'era una trappola: eccola servita. Quindi secondo me non conta».
Giorgio rallenta, siamo quasi fermi. «Già» osserva, «però potrebbe essere una doppia trappola. Se osservi bene, le uscite verso destra nella rotonda sono due, quindi potrebbero contare sia una che l'altra»
«Sei un genio», commento. Giriamo. Valentina è al telefono con qualcuno, un filosofo probabilmente. «No ma la borsetta l'hai vista? Sì...allucinante, io non so come si fa ad andare in giro conciate così».
Come si fa?
«Bisogna vedere se la strada scende, così capiamo se è giusto di qui. Ha detto in discesa», osservo.
Giorgio chiede «Secondo te? Io non capisco»
«Boh? Metti in folle», dico. «Se la macchina va avanti...»
Perchè ragiono?
Proseguiamo. Dopo pochi minuti finiamo completamente fuori strada incapaci di ritrovare il percorso indicato dal tizio. Vedo due signori con il cappello seduti su una panchina, io e Giorgio scendiamo dalla macchina. «Scusate, via Verdi..?»
Il primo si lecca il labbro superiore. «Lo sa giovanotto come si chiamava prima via Verdi? Si chiamava via del Balilla, ecco come si chiamava. Sono stati i comunisti a cambiare il nome. Il duce aveva fatto anche costruire dei giardinetti pubblici con una fontana in mezzo, poi...»
Ringraziamo mentre l'altro vecchietto dice «è vero, sa?», mentre all'improvviso compare una ragazza con il cane. Ci dice che dobbiamo andare di qua, poi di là, poi la seconda di qua, semaforo di là è un po' un casino ma se riuscite a beccare il senso unico poi arrivate. Occhio perchè non si vede molto.
«Chi era quella troia?», domanda Valentina a Giorgio quando risaliamo in macchina. Lui dice «Boh, una». Bene, entro dieci minuti inizieranno a litigare. Lei probabilmente farà la prima mossa dicendo qualcosa del tipo ecco perchè non comperi il navigatore, così almeno puoi fermare le ragazze per chiedere la strada.
Comunque riusciamo a seguire le indicazioni della ragazza per circa due terzi, poi “la seconda a destra” si rivela un vicolo cieco. Cazzo. Comunque se avessi voluto divertirmi, questa sera, potevo evitare di andare alla festa degli amici del mare di Giorgio che sì, la morosa se la doveva portare dietro per forza comunque c'era un'amica figa al mare ma no, Giorgio non era proprio sicuro che ci sarebbe stata alla festa ma probabilmente sì. E invece poi mi ci gioco le palle che non ci sarà.
Dobbiamo chiedere ancora, provo a entrare da un kebabbaro. Mi chiede «Ce l'hai la tessera?»
«Ma veramente volevo solo sapere dov'è via Verdi». Mi guarda con aria delusa, probabilmente con la città deserta questa sera gli affari non vanno molto bene. Un ragazzetto che sta mangiando un panino falafel mi dice che lo sa. È la volta buona, il ragazzo afferra un depliant del locale dove c'è una mappa della città con scritto “Il signor Kebab è qui!” e una freccia rossa a indicare la nostra posizione. Mi spiega tutto, ho capito. È fatta. Quasi piango per il sollievo.
Rientro in macchina, Giorgio sta dicendo «e invece tu quella volta che eravamo a Roma, da Er Suino, che facevi la scema con il cameriere? Smettila, va»
Si calmano e ripartiamo
Dopo dieci minuti e un paio di dubbi arriviamo. Via Verdi, all'inizio, davanti al negozio di cancelleria. Guardo Giorgio. «E quindi qual è il portone?», chiedo.
«Boh? Chiamo Ema»

«Pronto, Ema?»
«Bella Giorgio, vecchia merda! Dove siete?»
«In via Verdi»
«Embè? C'è Gigi?»
«Ma chi cazzo è Gigi»
«Gigi, dai, quello bassetto di Binasco»
«Ma qua non c'è un cazzo di nessuno, ma scusa tu dove sei?»
«Alla festa, dove vuoi che sia? Oh, son già 'mbriaco!»
«Ma dov'è 'sta festa!»
«Aspetta, ma è arrivato Gigi. Gigiii ma c'è Giorgio al telefono. Eh. Ah, minchia. 
Aò, Giorgio, dice che ti ha aspettato venti minuti poi si è rotto il cazzo»
«Cioè mi stai dicendo che la festa non è qui?»

«Ma va, lì? Ma sei fuori? Lì era il puntello. Noi siamo qui in Cascina. Facciamo così, ti spiego come arrivare. È un po' un casino, ma massimo mezz'ora arrivate. Allora, esci da via Verdi, che tanto è un senso unico...»